Errare è umano e fa la differenza!
“Abbiamo commesso un errore e ce ne scusiamo”
Sono le parole dell’Arsenal sui suoi profili social, con cui la squadra ha fatto marcia indietro sulla Superlega.
Un cambio di passo inaspettato, rispetto allo stile di una comunicazione che mostra i muscoli e sia mai che mostri debolezze.
Non chiedere scusa per non dover ammettere l’errore, peccato capitale da coprire, insabbiare, ignorare, per non farci cogliere in fallo, fragili o imperfetti.
Invece, nella nuova era conversazionale, così definita dall’Harvard Business Review, le aziende, grandi e piccole, devono imparare a gestire le relazioni, ammettendo i propri errori, arrivando anche a chiedere scusa quando sbagliano.
Enzo Ferrari, dell’errore ne aveva fatto un culto, anzi, di più, un museo: la stanza accanto a quella delle riunioni dei dirigenti, era quella in cui venivano custoditi tutti i pezzi delle macchine venuti male, quelli che erano stati responsabili di performance scadenti delle automobili. Voleva che l’imperfezione fosse sotto gli occhi di tutti, per essere da monito e sprone nel fare meglio.
Ferrari lo aveva capito allora e oggi la lezione sta diventando chiara a molti: l’errore fa la differenza.
L’imperfezione crea lo spazio per cambiare, migliorare e trasformarsi.
La perfezione, invece, è immobile, statica, come dice la sua etimologia: perfetto è tutto ciò che è compiuto e quindi fermo.
Abbiamo bisogno dell’errore per metterci in cammino verso ciò che è perfettibile e trovare nuove soluzioni.
Lo dice anche Seth Godin nel suo ultimo libro “La pratica”: Oggi le organizzazioni guadagnano la fiducia venendoci in aiuto nei momenti più difficili. Non sono realtà perfette, ma il modo in cui fanno i conti con l’imperfezione è proprio la ragione per cui ci fidiamo di loro.
Incontriamoci per parlarne insieme, mercoledì 26 maggio dalle ore 8:30 alle 9:15 su Zoom con Fabio del Vecchio Linkedin Consulente Risorse Umane/Coach che ospita Vincenzo Ponterio Coach Life/Business. Linkedin
Ascoltiamoci e raccontiamoci per quello che siamo: un po’ imperfetti, autoironici, umani.